Implicazioni finanziarie per Campari dopo il maxi sequestro a Lagfin Holdings

Nel fine settimana di fine ottobre 2025, la Guardia di Finanza ha eseguito un sequestro di Lagfin pari a oltre 1,29 miliardi di euro in azioni ordinarie della società. Il provvedimento, sottoscritto dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Monza, scaturisce da un’indagine riguardante presunte irregolarità fiscali risalenti a una fusione societaria del 2019. Secondo gli investigatori, la holding lussemburghese avrebbe mancato di dichiarare e tassare adeguatamente plusvalenze pari a 5,3 miliardi di euro durante il trasferimento del controllo azionario da un’entità italiana a quella estero-registrata, evitando il versamento dell’exit tax. L’Agenzia delle Entrate ha quantificato l’imposta non pagata in circa 1,2 miliardi di euro. Le implicazioni finanziarie per Campari derivano dal fatto che il blocco riguarda approssimativamente il 13-16% del capitale della società quotata in borsa, creando una situazione di notevole complessità per la governance aziendale e la gestione patrimoniale della società.

Il sequestro preventivo rappresenta una misura cautelare finalizzata alla possibile confisca per equivalente del profitto derivante dalle presunte violazioni normative. L’operazione mira a garantire il recupero dei tributi non versati, nell’eventualità di una condanna definitiva nei procedimenti penali e amministrativi in corso. La holding è indagata per i reati di “dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici” e per responsabilità amministrativa delle persone giuridiche secondo la legge 231 del 2011; sono indagati anche imprenditori e manager che hanno sottoscritto gli atti tributari contestati.

Cosa è accaduto: il sequestro preventivo di Lagfin

La Guardia di Finanza, operando su ordine della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Monza, ha bloccato le azioni ordinarie della società partecipata il 31 ottobre 2025, dopo la chiusura dei mercati borsistici. Il sequestro preventivo ha raggiunto l’importo di 1.291.758.703,34 euro e rappresenta una frazione significativa della struttura patrimoniale della holding lussemburghese che detiene il controllo della società beverages. Le indagini erano partite da una verifica fiscale condotta dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Milano tra il 2023 e il 2024, focalizzata sulla filiale italiana della holding e sulle operazioni ivi registrate.

L’operazione di incorporazione del 2019

Nel febbraio 2019, si è realizzata un’operazione di fusione per incorporazione mediante la quale la società italiana controllante venne assorbita dalla holding di diritto lussemburghese. In quella fase, l’entità italiana (che fungeva da cassaforte della famiglia Garavoglia) confluiva nella struttura estero-registrata, comportando un trasferimento economico e fiscale delle posizioni detenute. Secondo le accuse mosse dall’agenzia tributaria italiana, in quella medesima operazione non sarebbero state dichiarate e sottoposte a tassazione plusvalenze accumulate per un ammontare superiore ai 5,3 miliardi di euro. Questo mancato adempimento agli obblighi tributari avrebbe determinato l’evasione dell’exit tax, l’imposta dovuta in caso di cessione o trasferimento di business all’estero.

Le comunicazioni intercettate e le evidenze investigative

Fra i materiali sequestrati dagli investigatori figurano messaggi e comunicazioni tra esponenti della società che farebbero emergere la consapevolezza dei soggetti circa l’obbligo fiscale in questione. Una delle comunicazioni riportate contestualizza il dibattito interno intorno alla possibilità di formalizzare una sede lussemburghese mentre manteneva una responsabilità amministrativa e fiscale in Italia, con implicazioni tributarie quantificate in circa 50 milioni di euro. Tali elementi documentali hanno costituito il fondamento probatorio su cui il giudice ha basato il provvedimento cautelare.

Le radici del contenzioso: exit tax e fusione transfrontaliera

Per comprendere appieno il significato del procedimento è essenziale chiarire il meccanismo dell’exit tax e il contesto in cui la fusione transfrontaliera del 2018-2019 è stata realizzata. L’exit tax rappresenta uno strumento di politica fiscale mediante il quale lo Stato italiano tassa le plusvalenze maturate all’interno del territorio nazionale nel momento in cui vengono trasferite all’estero, prevenendo l’erosione della base imponibile e la migrazione di redditi tassabili verso giurisdizioni estere a regime fiscale privilegiato.

Il meccanismo dell’exit tax e gli obblighi dichiarativi

L’exit tax costituisce un obbligo tributario che scatta quando un’azienda o una partecipazione significativa transita da un’entità fiscalmente residente in Italia verso una domiciliata all’estero. In tal caso, il trasferimento genera una plusvalenza imputabile al regime fiscale italiano, che deve essere dichiarata e sottoposta a tassazione ordinaria ovvero a forme alternative di adempimento (quali il differimento del pagamento). Nel caso specifico, le autorità fiscali italiane contestano che le plusvalenze generate al momento della transizione non siano state dichiarate, eludendo così il versamento dei tributi correlati. L’ammontare complessivo contestato (oltre 5,3 miliardi) riflette l’apprezzamento di capitale accumulato lungo decenni di operatività della società italiana, prima del trasferimento all’estero della titolarità economica e legale.

Il ruolo della holding lussemburghese e la struttura del gruppo

La holding di diritto lussemburghese era stata strutturata originariamente per detenere il pacchetto di controllo della società di bevande di fama internazionale, nonché per centralizzare la gestione finanziaria e patrimoniale del gruppo. La holding aveva costituito una filiale italiana e una sussidiaria svizzera, mantenendo una complessa architettura commerciale trans-frontaliera. Secondo le ricostruzioni degli investigatori, la fusione del 2019 avrebbe comportato una riconfigurazione formale delle titolarità e dei flussi patrimoniali, senza però una effettiva corresponsione delle imposte dovute al trasferimento dei beni verso la giurisdizione lussemburghese.

Il sequestro di Lagfin e le implicazioni finanziarie per Campari

Le conseguenze del sequestro preventivo per la società quotata in borsa, produttrice di bevande alcoliche e analcoliche, sono tutt’altro che secondarie. Sebbene la holding abbia comunicato formalmente che il sequestro non riguarda direttamente la società operativa e che non compromette il controllo azionario (Lagfin detiene il 51,8% del capitale), gli effetti finanziari e reputazionali rimangono significativi e meritano attenta considerazione.

Impatto sulla governance e il controllo azionario

Il blocco di circa il 13-16% del capitale sociale della società quotata determina una situazione di vincolo e illiquidità che, pur non intaccando formalmente il controllo della holding, riduce la flessibilità operativa e strategica del gruppo. Nello specifico, il sequestro è stato eseguito mediante il blocco delle azioni ordinarie fino a concorrenza dell’importo tributario contestato: ciò significa che quelle azioni non possono essere trasferite, cedute o utilizzate come garanzia in operazioni finanziarie. Tale immobilizzazione incide sulla struttura di governance aziendale, riducendo i margini di manovra della holding nell’adozione di strategie di gestione del portafoglio e nella gestione delle operazioni di mercato capitalistico. Inoltre, la misura rende più difficile qualsiasi operazione di finanza straordinaria (fusioni, scorpori, aumenti di capitale) che coinvolga le azioni, almeno fino alla risoluzione della controversia fiscale.

Effetti sulla liquidità e sulla capacità finanziaria

Benché il sequestro non impedisca formalmente alla società di operare e di distribuire dividendi dalla gestione ordinaria, la situazione crea vincoli alla capacità della holding di utilizzare le azioni come strumento di investimento, collaterale o leva finanziaria. La liquidità potenziale rappresentata dal valore delle azioni sequestrate (pari a 1,29 miliardi) rimane bloccata, generando un effetto di congelamento del patrimonio che potrebbe incidere sulla pianificazione finanziaria pluriennale della società. Eventuali necessità di raccolta di capitale, di esecuzione di operazioni strategiche o di rimpiego dei flussi generati dalla gestione potrebbero trovare vincoli aggiuntivi. Il mercato, come dimostrato dalla variazione negativa del titolo borsistico (del -1,99% il giorno successivo all’annuncio), ha immediatamente registrato l’incertezza e i rischi collegati alla posizione.

Considerazioni sulla reputazione e sulla fiducia degli stakeholder

Oltre agli aspetti strettamente finanziari e legali, il procedimento incide sulla percezione della compagnia presso investitori, fornitori, clienti e istituzioni finanziarie. Un contenzioso fiscale di questa portata, con accuse di dichiarazione fraudolenta, genera domande sulla solidità della governance fiscale e sulla affidabilità della gestione amministrativa. Ciò può riflettersi in una maggiore prudenza nel finanziamento del gruppo, in condizioni meno favorevoli presso le banche, o in una crescente attenzione da parte dei controllori presso le pubbliche amministrazioni in relazione a future operazioni autorizzative o concessioni.

Scenari futuri e possibili sviluppi

La risoluzione di questa vicenda potrà seguire diversi percorsi, ciascuno con implicazioni differenziate per la società e i suoi stakeholder.

Possibili esiti del procedimento penale e amministrativo

Il procedimento potrebbe concludersi con un proscioglimento nel caso in cui le indagini successive non confermino le ipotesi iniziali, oppure con una sentenza di condanna nel caso le prove risultino solide. In caso di condanna in primo grado, il sequestro verrebbe convertito in confisca per equivalente, comportando una perdita patrimoniale effettiva e duratura. La presenza di ricorsi e gradi di giudizio successivi potrebbe protrarre l’incertezza per anni. In alternativa, un accordo transattivo fra la holding e l’Agenzia delle Entrate potrebbe portare al riconoscimento di una parte del tributo contestato, con cancellazione del sequestro e ripristino della liquidità delle azioni. Precedenti analoghi nel panorama italiano suggeriscono che, in situazioni di contenzioso fiscale di grossa entità, le soluzioni negoziate rappresentano una fattispecie non rara.

Implicazioni per la struttura organizzativa del gruppo

Nel medio-lungo termine, il contenzioso potrebbe incentivare una revisione della struttura fiscale e giuridica del gruppo. La holding potrebbe decidere di riconfigurare la propria architettura patrimoniale, aumentando la trasparenza fiscale italiana, ottimizzando la collocazione geografica dei centri decisionali, o modificando la composizione della proprietà. Tali manovre richiederebbero tempo e consulenza specializzata, ma potrebbero risultare opportune al fine di prevenire controversie analoghe nel futuro e di restaurare la fiducia presso le autorità fiscali.

Sviluppi regolatori e normativi

La vicenda si inscrive all’interno di un contesto più ampio di contrasto italiano ed europeo all’erosione della base imponibile e allo spostamento dei profitti verso giurisdizioni a bassa tassazione (BEPS – Base Erosion and Profit Shifting). È possibile che l’esito della controversia influenzi la futura applicazione delle normative su exit tax e sulla tassazione dei trasferimenti transfrontalieri di asset, specie per i grandi gruppi operativi nel settore delle bevande e dei beni di consumo. Le autorità fiscali potrebbero intensificare i controlli verso operazioni strutturate similarmente, stabilendo precedenti interpretativi che vincolano la pratica aziendale futura.

Conclusioni

Il sequestro di 1,29 miliardi di euro in azioni della holding Lagfin rappresenta un evento di rilevanza strategica e finanziaria per la società quotata in borsa. Sebbene la holding stessa dichiari la propria convinzione di aver operato conformemente alle normative vigenti e prometta una difesa vigorosa, l’incertezza derivante dal procedimento in corso, il blocco patrimoniale delle azioni, e il danno reputazionale già manifestatosi sottolineano la gravità della controversia. Le implicazioni finanziarie si articolano su molteplici livelli: dal vincolo diretto sulla liquidità e flessibilità strategica, agli effetti sulla percezione del rischio presso il mercato e gli investitori, fino alle possibili ripercussioni organizzative e strutturali del gruppo nel medio-lungo termine. L’esito dei procedimenti giudiziari e amministrativi determinerà se il sequestro evolverà in una confisca effettiva oppure se sarà revocato, ma in ogni caso la gestione di questa crisi contribuirà a definire la traiettoria della società nei prossimi anni.

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